Con ordinanza 13 dicembre 2021 n. 39441, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato risarcibile, ex art. 2043 cod. civ., il danno cagionato dalla banca che abbia iscritto un’ipoteca troppo alta rispetto al credito vantato sui beni del debitore, impedito da tale circostanza, ad accedere a nuova finanza.
Il debitore, nel caso concreto, ha dedotto che l’ipoteca, iscritta dall’istituto di credito per un valore complessivo di circa trenta milioni di euro a fronte di un credito di appena centodiecimila euro, aveva degradato il proprio merito creditizio ingiustamente nonché aveva provocato un’iscrizione di ipoteche “a cascata” da parte di altri istituti di credito, impedendo, di fatto, l’erogazione del nuovo finanziamento.
Tale condotta, secondo la Suprema Corte di Cassazione, costituirebbe una condotta illecita, causatrice di danno secondo il criterio del “più probabile che non” e quindi generatrice di responsabilità per l’istituto di credito ipotecario.
I pregressi orientamenti.
La parte motiva dell’ordinanza in commento si apre con l’affermazione del giudice di legittimità di voler superare il precedente, storico, orientamento, sancito per la prima volta in Cass. Civ., 3 febbraio 1967 n. 311, che aveva affermato la responsabilità del creditore che avesse iscritto ipoteca per un valore superiore all’importo del credito vantato qualora quest’ultimo, convenuto nel giudizio per riduzione di ipoteca, avesse resistito in malafede o con colpa grave nel suddetto giudizio. Avendo resistito in malafede, sussisteva la responsabilità ai sensi dell’art. 96, co. 1 cod. proc. civ..
A tale storico orientamento se ne è nel tempo affiancato un altro, affermato da Cass. Civ. 5 aprile 2016, n. 6533, secondo il quale il creditore che avesse iscritto ipoteca sproporzionata rispetto al credito vantato, senza la normale diligenza ed in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 2875 e 2876 cod. civ., dettati, rispettivamente, in materia di eccesso di valore dei beni ipotecati e di riduzione dell’ipoteca, dovesse essere punito ex art. 96, co. 2 cod. civ., nei casi in cui venisse accertata l’insussistenza del credito garantito essendo la condotta di iscrizione della suddetta ipoteca un’ipotesi di abuso della garanzia patrimoniale del debitore ex art. 2740 cod. civ..
Successivamente, il giudice di legittimità analizza gli argomenti posti a sfavore della tesi dell’ammissibilità dell’azione ex art. 2043 cod. civ.. Questi possono così riassumersi:
1) non si rinviene nell’ordinamento alcuna norma che regoli la responsabilità di colui che iscriva ipoteche a tutela del proprio credito;
2) alcune norme – artt. 2740, 2728, 2877 cod. civ. anche nella loro precedente versione e denominazione nel codice del 1865 – ammettono l’estensione dell’ipoteca anche al di là del valore del credito vantato;
3) è comunque principio cardine dell’ordinamento quello secondo il quale il debitore risponde con tutti i suoi beni, presenti e futuri (cfr. art. 2740 cod. civ.);
4) il creditore può iscrivere ipoteca su qualsiasi immobile del debitore;
5) nel caso di accertamento dei presupposti per ridurre l’ipoteca, è sempre il debitore che deve sopportarne le relative spese (cfr. Cass. Civ., 24 febbraio 1999 n. 10771).
I motivi del “cambio di rotta” operato dalla Cassazione.
Riassunti così i termini della problematica, l’ordinanza in commento ritiene che, dato non è del tutto nuova l’applicazione dell’art. 2043 cod. civ. nei casi in cui il creditore abbia iscritto ipoteca esorbitante (si veda Cass. Civ., 3 novembre 1961 n. 2548, in caso di creditore in base a sentenza a prestazione illiquida), sia necessario raccordare la suddetta disposizione sostanziale all’art. 96 cod. proc. civ..
Com’è noto, tale sanzione, di tipo processuale, ha tre scopi: è diretta a difendere il soggetto a non subire turbative processuali infondate (comma 1) nonché (comma 2) ad impedire l’espletamento di atti cautelari di diritti sostanziali inesistenti, a punire la c.d. lite temeraria, fattispecie di abuso del processo (comma 3, come novellato dalla legge n.69/2009).
Il dovere di buona fede che informa la suddetta disposizione non può, però, essere limitata, in ragione della qualificazione di quest’ultima quale “norma speciale” rispetto all’art. 2043 cod. civ., al momento successivo la proposizione di un’iniziativa giudiziale: esso è un dovere generale, che deve essere rispettato sempre “ancor prima e a prescindere, nell’esercizio dei propri diritti contrattuali o negoziali e in termini generali nell’ambito dei comuni rapporti della vita di relazione”.
Né può argomentarsi, sempre partendo dalle “norme speciali” degli artt. 2872 e ss. cod. civ., che il diritto potestativo del debitore di poter chiedere giudizialmente la riduzione dell’ipoteca gravante sui suoi beni lo renda immune da qualsiasi altro danno conseguente all’iscrizione di ipoteca dal valore esorbitante.
In particolare, se è pur condivisibile, per il giudice di legittimità, che non possa accertarsi responsabilità alcuna per il creditore che eserciti una sua facoltà, è principio altrettanto fermo che, quando tale facoltà si sostanzi in un diritto di garanzia, lo stesso deve essere unicamente attivato al fine di essere preferito tra i creditori e non a creare non dovute situazioni di discredito sociale e/o professionale con conseguenti blocchi dell’attività del debitore.
La disposizione posta alla base di tutti i diritti di garanzia riconosciuti dall’ordinamento (i.e. l’art. 2740 cod. civ.) deve essere raccordata anche con i principi di proporzionalità ed adeguatezza: pertanto, se è vero che il patrimonio del debitore deve garantire il soddisfacimento, anche coattivo, del credito, tale sacrificio è ammissibile solo nei limiti dell’interesse creditorio.
Né vale richiamare l’orientamento secondo cui perfino le spese per la riduzione dell’ipoteca ricadono sul debitore.
L’articolo 2877 co. 1 cod. civ. è, infatti, norma che esclude che siano poste sempre a carico del debitore le spese della riduzione dell’ipoteca quando abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore.
Ciò detto, però, la circostanza che il creditore sia libero di individuare i beni sui quali iscrivere ipoteca ed il principio in base al quale il singolo bene non può essere ipotecato solo per una parte non sono elementi che pongono un limite al principio secondo il quale, il creditore può essere tenuto al pagamento anche delle spese tecniche, qualora abbia iscritto ipoteca per un valore di molto superiore al credito, oltre che a quelle di giudizio, se soccombente.
Pertanto, le spese della riduzione dell’ipoteca ex art. 2877 cod. civ., devono essere suddivise in spese necessarie per eseguire la formalità ipotecaria (comma 1) e spese del giudizio che il debitore debba promuovere per ottenere che, in mancanza del consenso del creditore, la riduzione sia ordinata con sentenza (comma 2): le prime sono a carico del (debitore) richiedente, a meno che la riduzione abbia luogo per eccesso (non nella valutazione dei beni ma) nella determinazione del credito; le seconde, salva la loro compensazione secondo le circostanze, sono in linea di principio a carico del soccombente e così del creditore che, dovendo consentire alla riduzione quando ne ricorrono gli estremi, non adempia spontaneamente a tale obbligo (si veda sul punto Cass. Civ., 5 aprile 1990, n. 2866).
I principi che devono orientare l’esercizio del diritto di garanzia.
Alla luce delle su esposte considerazioni, pertanto, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo il quale il creditore ipotecario deve tenere, in linea con i principi che informano l’agire dei consociati, anche prima dell’instaurazione di un eventuale processo ed anche nell’esercizio del diritto di garanzia, una condotta prudente, improntata alla buona fede e che non danneggi ingiustamente il debitore.
Egli potrà essere chiamato a rispondere, nel caso di uso distorto ed emulativo del diritto di garanzia ipotecario, non solo ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. bensì anche ai sensi dell’art. 2043 cod. civ..
Ovviamente, tale principio non vale ad invertire l’onere della prova gravante sul debitore che dovrà dimostrare che il danno subito è dipendente dalla condotta del creditore.
Avv. Mario Minucci